lunedì 21 dicembre 2009

I socialisti e SEL

Periscopio socialista 

IL PROGETTO DI SINISTRA E LIBERTA' NON DEVE FINIRE: PER UNA SINISTRA, IN ITALIA COME IN EUROPA, SOCIALISTA, AUTONOMA, DEMOCRATICA, ECOLOGISTA, LIBERTARIA, EUROPEISTA E LAICA

di Felice Besostri 

A Roma è stata convocata un'assemblea nazionale sul futuro di SeL. L'assemblea è stata indetta dalla Sinistra Democratica di Fava e dal MPS di Vendola, cioè da parte di alcuni dei soggetti che avevano dato vita a Sinistra e Libertà per le elezioni del Parlamento Europeo: non ci sarà la Federazione dei Verdi e non ci sarà il PSI.

    La Federazione dei Verdi, con il suo congresso, si è chiamata definitivamente fuori, adeguandosi al trend europeo dei Verdi, mentre i socialisti hanno posto pali e paletti alla trasformazione di un alleanza elettorale in un partito politico.

    Per evitare equivoci dico subito che ogni partito, che non definisca un proprio programma e le proprie basi ideologiche, nonché, nell'attuale fase di internazionalizzazione dell'economia e della politica, la propria affiliazione internazionale, poggia su basi fragili.

    Dopo il fallimento della Sinistra Arcobaleno la sinistra italiana non può più permettersi di fare ammucchiate al solo fine di superare clausole di sbarramento (Detto incidentalmente, di dubbia costituzionalità, come ha ritenuto il TAR Lazio con ordinanza depositata il 15 dicembre, proprio nel ricorso promosso unitariamente da tutte le componenti di Sinistra e Libertà).

    Sinistra e Libertà ha rappresentato un inizio o una speranza di progetto politico, al di là delle intenzioni e riserve mentali di chi vi ha dato vita. La risposta sul significato di Sinistra e Libertà è stata data soprattutto dai suoi elettori, che in grande maggioranza non provenivano dall'elettorato di riferimento dei soggetti costitutivi. Questo aspetto positivo era ed è controbilanciato da quello negativo di non essere stati capaci di trascinare tutto il proprio elettorato potenziale in Sinistra e Libertà.

    Come nel resto d'Europa la sinistra è punita dall'astensione del suo elettorato tradizionale deluso o insoddisfatto dalle politiche perseguite o dalla scarsità dei risultati raggiunti o ancora dalla sfiducia verso le proposte concrete per uscire dalla crisi. Il mio partito, quello socialista, l'unico al quale sono e intendo rimanere iscritto, ha deciso di non partecipare all'assemblea di Roma e ha invitato tutti i suoi iscritti, e a maggior ragione i suoi dirigenti a non partecipare a coordinamenti e assemblee sotto l'egida di una Sinistra e Libertà a geometria parziale. E, tuttavia sono qua, da socialista, ma senza rappresentare il Psi.

    I socialisti sono rappresentati collettivamente dai loro organi nazionali ed è con essi che si devono fare gli accordi o registrare i dissensi. Ho già scritto e confermo che sarebbe una iattura che il PSI si dividesse in filoSEL ed antiSEL, così come chi partecipasse all'assemblea si dividesse tra antisocialisti viscerali e filosocialisti ecumenici: sia in un caso che nell'altro sarebbe tradito lo spirito originario di Sinistra e Libertà, quello di ricostituire una nuova sinistra in Italia.

    Non ci sarà una sinistra nuova, possibile e futura, se non ci si libera dagli stereotipi e dal settarismo. La mia presenza qui vuole essere anche una testimonianza individuale di una sinistra ampia e plurale. Non c'è bisogno di essere un personaggio carismatico, come Martin Luther King, per dire I have a dream, un sogno può coltivarlo ciascuno di noi ed il mio è quello di avere anche in Italia una sinistra, come in Europa, socialista, autonoma, democratica, ecologista, libertaria, europeista e laica.

    Vorrei una sinistra, come non c'è mai stata in Italia, con vocazione maggioritaria.
    Vocazione maggioritaria non significa aspirazione a stare in maggioranza, comunque e con chiunque, ma proposta di governare il proprio paese con propri programmi e con propri uomini e donne alla guida del governo. Una vocazione, che dal consenso democratico e soltanto da esso, tragga la sua legittimazione e forza. L'accettazione senza riserve del nesso indissolubile tra socialismo, libertà e democrazia è l'unica scriminante possibile. Per questo si devono superare le ragioni della divisione del XX secolo tra socialisti e comunisti. Questo superamento è necessario, ma non sufficiente per costituire una nuova sinistra:senza l'apporto dell'ecologismo, del femminismo e dei diritti civili non ci sarà una nuova sinistra. Piuttosto dai nostri padri del secolo passato e del XIX secolo dovremmo imparare che non c'è sinistra senza un'idea altra di società. In altre parole senza una critica della società esistente e dei suoi valori fondanti non abbiamo una ragione di esistere e di aspirare a governare questo nostro paese sulla base di una riconquistata egemonia, che sostituisca quella della destra.

    Il fallimento delle ricette neo liberiste è sotto gli occhi di tutti sia a livello globale che europeo e nazionale, eppure il consenso per i partiti conservatori non diminuisce, salvo poche eccezioni nel nostro continente. Mi convinco sempre più che la parola SINISTRA, costituisca un recinto chiuso e non un terreno di espansione, al più definisce dove ci si colloca e non dove si intenda andare. Socialismo e comunismo avevano un ben più forte capacità simbolica, che deve essere ritrovata, sia pure senza fare sconti ad errori o tragedie, che hanno generato.

    Quelli che partecipano all'assemblea e quelli, che non vi partecipano hanno l'obbligo di fare chiarezza ed il modo più semplice è quello di rispondere almeno a due domande:

   1)      E' possibile costruire una nuova sinistra senza una forte e accettata presenza socialista?
    2)      E' possibile una significativa presenza socialista al di fuori di una chiara opzione di sinistra?
La mia risposta è no ad entrambe le domande, ma non sono rilevanti le mie risposte, esse, come le mie azioni impegnano soltanto me stesso. Devono rispondere le nomenklature poiché decidono anche per gli altri. Non vorrei che nel deterioramento dei rapporti giochino riflessi di conservazione autoreferenziali e che si voglia conservare un proprio tesoretto da portare, ciascuno per proprio conto al PD. Non voglio nemmeno pensare che una specie di sindrome leghista si sia impadronita di compagni, che devono dimostrare chi ce l'ha più duro. La posta in gioco non è l'abilità nello scrivere documenti di polisemica interpretazione, ma il nostro futuro di persone che credono che un'altra società sia possibile e che dipenda anche da noi.

    Come altri ho creduto e credo nel progetto annunciato ed enunciato da Sinistra e Libertà e non posso assistere da spettatore al suo fallimento. Quando con altri compagni socialisti ho accettato di fare campagna elettorale per il Parlamento europeo ed addirittura di candidarmi per la Provincia di Milano, senza i Verdi e con un candidato presidente non convincente, ci ho messo la mia faccia e la mia storia di una militanza socialista e di sinistra iniziata nel 1961.

    Se fosse stata un'alleanza elettorale destinata a finire dopo le elezioni, avrei detto NO, GRAZIE! Neppure mi sento di interpretare con mezzo secolo di ritardo quei personaggi da rivista Candido, cui era dedicata la rubrica “Contrordine compagni!” Quindi mi assumo la responsabilità ed il rischio di partecipare a questa assemblea e voi quella di porre la parola fine ad un progetto, come sarebbe inevitabile se una parte, ancorché maggioritaria, ma questo oggi nessuno lo può dire, decidesse di trasformarsi in un partito, che pretenda la rappresentanza esclusiva di Sinistra e Libertà: questa è la sostanza, che non cambia se si aggiunge nel nome e nel logo una verde scritta ecologia.

    So che questa preoccupazione è condivisa da altri soggetti costitutivi di SeL, come l'Alleanza Lib-Lab, un esempio della capacità di attrazione del progetto, anche al di fuori dagli ambiti tradizionali delle sinistre.

    Sono qui, perché, come partecipante al Gruppo di Volpedo, sono impegnato nella trasformazione del PSE, il cui ultimo congresso di Praga rappresenta una decisa svolta a sinistra e con quella forza Sinistra e Libertà nel suo complesso si dovrà confrontare. Sono qui soprattutto per la ragione che i compagni della zona 8 di Milano, quelli con cui ho lavorato politicamente prima, durante e dopo le elezioni mi hanno eletto delegato in piena conoscenza delle mie opinioni sempre liberamente espresse in riunioni pubbliche. Un patrimonio prezioso di pratica unitaria, che non può essere disperso e che deve continuare in un costante confronto di idee e proposte.

    Questo spirito farà sì che alle prossime elezioni regionali lombarde si ricostituirà Sinistra e Libertà, una scelta avallata dalle Tesi approvate dalla maggioranza del Congresso provinciale straordinario del PSI di Milano e provincia e dal documento finale, in perfetta sintonia con le decisioni del livello regionale. Sono qui non per fare il socialista sciolto o in liquidazione, ma riconfermare un'adesione al progetto, che deve uscire rafforzato da questa assemblea.     
Economia 

USCITA DALLA CRISI CON PARECCHI LIVIDI
E LE GRANDI BANCHE SONO OGGI PIU’ FORTI
Gli Stati hanno cacciato miliardi di dollari per salvare i colossi della finanza. "I sopravvissuti – ha detto Martin Wolf dalle pagine del Financial Times -- costituiscono un oligopolio di colossi finanziari troppo grandi ed interconnessi per fallire. Sono vincenti non in quanto aziende migliori, ma perche’ piu’ aiutate".  di M. Sironi 

La finanziaria presentata qualche giorno fa dal governo britannico merita di essere ricordata almeno per un fatto: prevede un’imposta una tantum del 40% sui bonus dei manager bancari superiori alle 25.000 sterline. Non  e’ molto, ma per ora si tratta del solo segno concreto da parte dei governi di voler tradurre in pratica quanto deciso nel G20 di Pittsburgh. 

    A Pittsburgh della crisi finanziaria si e’ parlato solo per affermare che: il peggio e’ passato ma il pericolo resta, e’ bene che le banche rafforzino i loro capitali, bisogna mettere un tetto alle retribuzioni dei manager bancari. E poiche’ gli esperti di mezzo mondo hanno passato  tutto il 2008 ed il 2009 a fare convegni per discutere quali regole, quali controlli, quali interventi attuare per scongiurare un'altra catastrofe del credito, la delusione specie in Europa e’ stata grande.  Si poteva fare di piu’. E le critiche, di qua e di la’ dall’Atlantico,  non hanno risparmiato neppure il presidente Obama, accusato di voler rendere ancor piu’ pletorico l’apparato delle autorita’ di vigilanza statunitensi.

    Alle 115 authority presenti sul territorio americano (Fed, Ministero del Tesoro, Sec le piu’ importanti piu’ altre cento agenzie di controllo locale, tutte comunque incapaci di prevedere la crisi dei subprime) Obama vorrebbe aggiungerne altre due: un’agenzia federale di Supervisione Bancaria, e un’agenzia federale di Tutela del Consumatore.  ‘’Piu’ agenzie ci sono, piu’ rendite politiche ci sono’’- commentano i critici.  E intanto gli hedge fund, il mercato dei credit default swaps, le agenzie di rating, come fa notare  l’apprezzato economista Donato Masciandaro, continuano ad agire quasi senza regole.

    Ma il peggio e’ passato. Anzi, le banche hanno ricominciato a macinare utili come ai bei tempi , e soprattutto con gli stessi sistemi usati ai  bei tempi, ovvero  la finanza speculativa. ‘’Lo scarto tra il mondo finanziario che vorremmo e quello che si riesce ad ottenere sta ampliandosi – ha fatto notare il bocconiano Marco Onado intervenendo al convegno di Courmayeur – ed ora prevale la soddisfazione perche’ i profitti delle banche sono in ripresa’’. 

    Ma il mondo sembra essersi dimenticato che nel 2009 il PIL mondiale segnera’ una flessione del 5%, mentre i salvataggi delle grandi banche hanno assorbito 8 trilioni di dollari, cifra equivalente al 9% dello stesso PIL. E i banchieri hanno dalla loro una scusa inattaccabile:  non e’ certo finanziando aziende in crisi ai modestissimi tassi attuali che si possono fare utili. Per fare profitti non resta altro che la finanza speculativa. Insomma, osserva Onado, la ‘’sbornia della finanza internazionale e’ stata curata con la grappa’’.

    Ma non e’ il caso di stupirsi piu’ di tanto: ‘’Come puo’ un governo sorvegliare una banca come la UBS – osserva Marco Vitale, altro apprezzato economista – se la UBS ha un bilancio sei volte piu’ grande di quello dello Stato stesso? ‘’

    Quindi, avendo gli Stati cacciato miliardi di dollari per salvare i colossi della finanza,  il sistema finanziario che emerge dalla crisi e’ ancor peggiore di quello precedente. ‘’I sopravvissuti – ha detto Martin Wolf dalle pagine del Financial Times -  costituiscono un oligopolio di colossi finanziari troppo grandi ed interconnessi per fallire. Sono vincenti non in quanto aziende migliori, ma perche’ piu’ aiutate’’. 

    Alla fine si e’ imposto il principio del ‘’too big to fail’’, e pazienza se si tratta di un principio inconciliabile con i presupposti dell’economia di mercato. Le grandi banche, ancorche’ ridotte di numero, proprio per questo sono piu’ potenti e piu’ protette dalla concorrenza, commenta Marco Vitale. E le regole  (o meglio l’assenza di regole ) che hanno portato al disastro restano ben salde perche’ nessuno spinge piu’ in modo serio per correggerle.     

domenica 6 dicembre 2009

PROCESSO BREVE

 
 
 
di Felice Besostri 
Il disegno di legge sul processo breve trae la sua ispirazione da un articolo della Costituzione (111) varato nella XIII legislatura (1996-2001) e già allora era stato, in una certa misura, un prezzo pagato a Forza Italia. Per farlo approvare in tempi brevi il Senatore Marcello Pera si incardinò temporaneamente presso la Commissione Affari Costituzionali.
    Sempre ai fini di accelerazione dell'iter parlamentare una materia che avrebbe dovuto essere affidata alla trattazione congiunta delle Commissioni Giustizia e Affari Costituzionali fu appunto affidata alla sola I Commissione.
    Niente scandalo per favore, la norma costituzionale non ha fatto altro che recepire la
    Convenzione Europea dei Diritti dell'Uomo e la giurisprudenza della Corte Europea dei Diritti dell'Uomo di Strasburgo, sì proprio la stessa della decisione sul crocifisso!
    Si era fatto intendere che un accordo sul giusto processo avrebbe avuto come corrispettivo una diminuzione del filibustering, che al Senato, a causa del ristretto margine della maggioranza, teneva bloccati una serie di disegni di legge, tra cui quello sul conflitto di interessi.
Ovviamente la destra, ottenuto quel che voleva, non concesse nulla.
    I processi devono avere una ragionevole durata ed in Italia non ce l'hanno. Una tale situazione è intollerabile, perché di essa profittano soprattutto i colpevoli di reati.
    Per un colpevole più si allontana la condanna meglio è, c'è sempre una prescrizione, un indebito o un'amnistia dietro l'angolo.
    La durata dei processi è, invece, un incubo per gli innocenti e per le vittime.
    Una riforma va fatta, ma il disegno di legge del Governo è una "porcheria", come l'ha liquidato Casini.
    Non si possono fare leggi, ispirate da principi generali ed astratti, per risolvere un caso concreto, cioè i problemi personali di Berlusconi.
    Se questa è la filosofia, dobbiamo aspettarci un prossimo intervento in materia di diritto di famiglia su separazioni e divorzi: una specie di salva Berlusconi da Veronica.
    Già la fissazione di un eguale periodo biennale per ogni grado di giudizio mostra il carattere strumentale della riforma.
    Chiunque abbia una minima pratica delle aule di giustizia sa che il processo necessariamente più lungo è quello di primo grado, quello caratterizzato dall'acquisizione delle prove testimoniali e dalle perizie. In appello il rinnovo del dibattimento costituisce un'eccezione.
In Cassazione il processo è esclusivamente cartaceo.
    Si può rimanere nei sei anni (sempre che ci siano il personale ed i mezzi tecnici necessari) ma modulati in tre anni per il primo grado, due per l'appello ed uno per la Cassazione.
    Per quest'ultimo grado si potrebbero introdurre dei filtri di ammissibilità: un gran numero di ricorsi sono fatti per fini dilatori.
    Infine in caso di condanna in secondo grado basterebbe introdurre un semplice meccanismo come quello francese.
    Se l'imputato che ricorre è a piede libero, il ricorso in Cassazione diventa improcedibile se non ci si consegna in custodia alla vigilia della decisione.
    Chi ha fatto un ricorso infondato e a puri fini dilatori, cercherà di organizzare la sua latitanza piuttosto che attendere in custodia giudiziale l'esito del processo.
    Altra questione è quella di evitare automatismo, cioè non prevedere tempi di sospensione legale della durata del processo.
    Se un tribunale accogliesse un'eccezione di una costituzionalità di una norma e la rimettesse alla Corte Costituzionale, il processo sarebbe ancora sospeso, come ora?
    Un processo dove siano rilevanti perizie tecniche complesse o rogatorie internazionali deve durare due anni come quello per una rapina registrata dalla videosorveglianza?
    La stessa durata per un processo con un solo imputato e per uno con decine o centinaia?
    Tutte queste obiezioni tecniche non interessano al Premier e all'on. Ghedini: il processo Mills deve durare due anni, tutto il resto non importa.
    Le ragioni politiche del disegno di legge sono poi rese evidenti dall'elenco dei reati esclusi, tra i quali spiccano quelli collegati all'immigrazione clandestina. Le pene massime per questo reato sono inferiori ai dieci anni di pene massime edittale, il criterio usato per l'inclusione.
Per salvare sé stesso il Premier doveva dare qualcosa alla demagogia della Lega Nord.
Già emergono profili di incostituzionalità sull'applicazione della norma sulla ragionevole durata ai soli incensurati.
    Se sono coimputati un incensurato e un recidivo, che si fa? Due processi?
    Il disegno di legge non avrà vita facile, se persino avvocati, come Gaetano Pecorella, e giuristi, come il presidente emerito della Consulta Baldassarre, da anni vicini a Berlusconi ed alla sua maggioranza, sparano a zero sul testo.
    La ragione vera è un'altra: pare che serva solo per due processi su tre. A lui serve un'immunità totale e essere posto al riparo dalle sentenze civili sul risarcimento all'ing. De Benedetti e sulle richieste patrimoniali di Veronica Lario.
    Cercherà una via di uscita politica con le elezioni anticipate per liquidare in un colpo i nemici interni prima ancora degli oppositori esterni.
    Inoltre si precostituisce il Parlamento che deve eleggere il nuovo Presidente della Repubblica.. Allo stato l'opposizione non costituisce un problema, con il PD non ancora consolidato, un centro oscillante tra le leadership di Rutelli e Casini e una IdV, giustizialista e demagogica. La sinistra, in tutte le sue anime, è fuori dal Parlamento e sta facendo di tutto per non rientrarci, anzi rischia persino di stare fuori dalle assemblee regionali.
    Il terrorismo islamico, che si appresterebbe a dinamitare Berlusconi è probabilmente una bufala o il frutto dei deliri di persecuzione di Berlusconi e di insignificanti terroristi paranoici.
Un consiglio di lettura a Berlusconi: "Yo, il Supremo" di Augusto Roa Bastos, più ancora del "El otoño del patriarca" di Gabriel García Márquez.
    Il tramonto di un caudillo avrà molto da insegnare al nostro Silvio.
    Se leggere, come lavorare, stanca e si sente perseguitato, può sempre rivolgersi alla Corte Europea dei Diritti dell'Uomo o trovare conforto nella contemplazione del crocifisso.


P.S. su Ciampi e Napolitano - Non par corrispondere alla verità storica contrapporre, come fa Balmelli (v. ADL del 25.11.09), Ciampi a Napolitano, quasi  che il primo fosse un intransigente ed il secondo un accomodante.

    Durante il settennato di Ciampi ci sono state ben sedici leggi ad personam,  alcune rispondenti direttamente ai problemi processuali di Berlusconi (per es. falso in bilancio), altre ai suoi interessi imprenditoriali, come la Gasparri. L'allora Presidente Ciampi ne ha contrastate solo due, tra cui la Gasparri sul riordino del sistema radio-televisivo.

    Grazie a un intenso lavorio preparatorio Ciampi era stato eletto alla quasi unanimità, mentre il mandato di Napolitano si fonda sul consenso del solo centro-sinistra. 

    Ora, io non sostengo che le quattordici leggi berlusconiane approvate da Ciampi senza colpo ferire, siano state il prezzo pagato a Berlusconi. Allo stesso modo auspico che non si pensi che lo stile inglese di Napolitano sia un prezzo pagato a una sua legittimazione ex-post.

    L'opposizione a Berlusconi si fa con programmi alternativi, mettendo così in crisi il suo blocco sociale di sostegno e non facendo la gara a chi faccia la faccia più feroce. . .