giovedì 13 marzo 2008

Oggi in Spagna. Domani in Italia

di Felice Besostri
Mai come ora il famoso detto dei Rosselli è di attualità. La vittoria dei socialisti è stata netta, anche se non raggiungessero la maggioranza assoluta. E subito sono iniziate le manovre per depotenziarla. In questo si distingue l’Unità, giornale che, in attesa che il PD ne decreti la fine, sostiene le tesi più inverosimili. Basta il titolo: “Madrid e Parigi chiamano Roma”. Andiamo. Ma chi chiamano a Roma? Il presidente Prodi? Ha annunciato il suo ritiro dalla politica italiana o forse dalla politica tout court. Veltroni? Sia in Spagna che in Francia i socialisti hanno superato il 45% dei voti. Veltroni arranca sotto il 35%.

Si dice "polarizzazione". Ma la polarizzazione in Spagna è tutta politica, di idee, indirizzi, programmi, valori: nessuno cioè ruba la maggioranza con premi dati arbitrariamente alla lista più votata. E senza premio di maggioranza PD e PdL sarebbero ridotti male. Il loro unico argomento è: date un voto utile a noi contro di loro. Alla faccia dell’innovazione politica.

L’Unità dice che Zapatero e Veltroni hanno molti tratti in comune, in primis “il desiderio e l’ambizione di modernità”. Dice: “Si vogliono ambedue contemporanei e non perennemente genuflessi ai piedi delle icone e degli ingombri del passato”. In effetti Veltroni si genuflette davanti al Papa ed alle gerarchie, mentre Zapatero (e gli spagnoli con lui) hanno tenuto testa alle aggressioni dei vescovi, esplicitamente alleati al Partido Popular.

Se Veltroni pensa “all’avvenire dei figli più che al passato dei nonni”, Zapatero vara una legge della memoria perché figli, nipoti e nonni siano riuniti nel ricordo. Zapatero ha lanciato riforme significative nell’ambito dei diritti civili, compreso il matrimonio omosessuale. Veltroni da Sindaco di Roma s'è squagliato di fronte alla più modesta istituzione di un registro delle coppie di fatto.

Sarà moderno il nome del Partito con cui Gonzalez prima ed ora Zapatero hanno vinto due mandati, Partido Socialista Obrero Espanol – "Partito Socialista Operaio Spagnolo"? In Italia la formazione più a sinistra, quella di Ferrando, arriva al massimo alla parola “Lavoratore”. L'Operaio non se lo fila più nessuno, a parte la sceneggiata di candidare due operai, tutti e due della ThyssenKrupp. Ma se non bruciavano vivi i loro compagni, quanti operai avrebbero candidato?

La vittoria del PSOE è ottenuta anche a spese di Izquierda Unida, che passa dal 4,96% al 3,88% e da 5 a 3 seggi. Pesante la sconfitta dei nazionalisti catalani di ERC, la Sinistra Repubblicana di Catalogna da 8 a 3 seggi. ERC ha fatto campagna contro il nuovo statuto catalano frutto dell’intesa tra Partito Socialista Catalano e PSOE. Due partiti regionalisti scompaiono dal Parlamento e ne entra uno nuovo. L’Andalusia si conferma socialista con la maggioranza assoluta al PSOE. Che sale in Aragona, nei Paesi Baschi, nelle Canarie e soprattutto in Catalogna, a spese dei partiti nazionalisti/regionalisti. Nel Paese Basco ed in Catalogna il PSOE è partito di maggioranza relativa in tutte le provincie, mentre nel 2004 nei Paesi Baschi due su tre erano del PNV ed in Catalogna CiU ne controllava ancora una.

Per fare maggioranza stabile, benché ristretta, basta un accordo con i nazionalisti moderati catalani. Un governo di coalizione vero e proprio appare lontano. Un accordo secco con CiU destabilizzerebbe il Governo della Catalogna, regione chiave anche per gli equilibri interni socialisti. In ogni caso i partiti nazionalisti-regionalisti hanno 24 seggi, che non potranno mai allearsi con i centralisti del PP. La prossima legislatura sarà caratterizzata dall’economia e su questo nuovo terreno il PSOE è atteso alla prova. L'orientamento è già stato dato: come ogni partito socialdemocratico che si rispetti, il PSOE darà priorità ai meno favoriti.

venerdì 7 marzo 2008

74'000 PICCOLI ISCRITTI - Una lettera alle compagne ed ai compagni socialisti

di Felice Besostri
Settantaquattromila persone residenti in Italia hanno individualmente deciso di iscriversi nel processo costituente del Partito Socialista. Io sono uno di essi, ma, se non avessi un passato alle mie spalle, non avrei potuto dare alcun contributo al rafforzamento del Partito, alla definizione delle scelte programmatiche e alla selezione dei candidati per la prossima elezione. Iscritto alla Federazione Giovanile Socialista dal 1961, ne sono stato dirigente provinciale, regionale e nazionale. L’ho persino rappresentata in organismi europei ed internazionali. Nel PSI ho ricoperto cariche provinciali e regionali ed al Congresso di Torino sono pure entrato nel Comitato Centrale, come membro supplente. Spesso ho rappresentato il Partito a congressi di altri partiti fratelli e nella stessa Internazionale Socialista, fino al 1991, anno della mia ultima tessera. Ho militato nella Federazione Laburista e milito nella Federazione Socialista Italiana in Svizzera, sono membro da oltre 25 anni della Fabian Society e da un anno della Sezione Internazionale del Partito Socialista Svizzero. Grazie a questo passato sono stato invitato a far parte degli organismi promotori provvisori della Costituente e di prendervi la parola.

Tuttavia, vorrei avere dei diritti come nuovo iscritto, come uno dei 74.000 nuovi iscritti. Non importa se questi erano iscritti ad una o all’altra delle formazioni della diaspora socialista ovvero provengano da un’altra esperienza politica od, infine, ne erano privi. Senza di loro, di noi, non c’è futuro per il Partito Socialista. Ne sono coscienti i compagni, dirigenti nazionali, membri del Comitato Promotore? Non credo, poiché abbiamo assistito ad oscillazioni di linea, ad ipotesi di alleanze disparate ed, infine, ad una decisione di andare da soli attraverso la stampa, senza aver mai potuto dire la nostra.

Abbiamo indicato un capo politico della lista, spero che almeno il PS si tenga lontano dalla illegittimità costituzionale di chiamarlo candidato alla Presidenza del Consiglio: oltre che illegittimo sarebbe ridicolo. L’art. 92 della Costituzione è tuttora in vigore, il Presidente del Consiglio dei Ministri è nominato dal Presidente della Repubblica e non dal corpo elettorale. Siamo una repubblica parlamentare e, se dovessimo dimenticarlo, ce l’hanno ricordato i cittadini, che hanno rifiutato in un referendum gli stravolgimenti costituzionali del centro-destra.

Nelle prossime elezioni è in gioco la rappresentanza parlamentare del PS, bisogna evitare la scomparsa dal Parlamento per ragioni politiche, non per salvaguardare lo stile di vita di un pugno di parlamentari, sempre gli stessi. Nelle liste dovranno esserci donne e giovani nuovi, oltre che qualche collaudata figura di socialista. Nelle liste si dovrà dare il segno che la continuità di una tradizione e di un sistema di valori si coniugano con l’apertura ad altre storie e culture della sinistra e del pensiero laico, democratico e cristiano sociale.

Il Partito Socialista, sia pure in piccolo, deve prefigurare il soggetto, che drammaticamente è ancora assente dal panorama politico italiano: un grande partito largo e plurale del socialismo europeo ed internazionale. Per conseguire questo obiettivo ci sono passi obbligati da compiere:

1) definirsi senza equivoci un partito della sinistra;
2) rifiutare la teoria e la prassi delle due sinistre: la tesi delle due sinistre va bene al PD di Veltroni e alla Sinistra Arcobaleno di Bertinotti. Costruire una sinistra nuova, unita, larga e plurale saldamente ancorata alle correnti maggioritarie del socialismo;

3) rappresentare il mondo del lavoro in modo puntuale e costante e prefigurare un superamento del sistema attraverso le vie democratiche e parlamentari, combinate con la pressione della società civile e dei cittadini singoli ed associati. La difesa del potere d’acquisto di salari, stipendi e pensioni è il primo punto, così come la tutela dei lavoratori flessibili. Nella reciproca autonomia il Sindacato dovrà essere un saldo punto di riferimento;

4) promuovere una laicità integrale, che non riguarda solo i rapporti Stato-Chiesa, ma l’estensione dei diritti civili e di libertà in tutti i suoi aspetti e, quindi, compresa la libertà di ricerca;

5) sostenere l'europeismo, cooperazione internazionale e difesa della pace; Nella sinistra esistono opinioni ancora diverse sulle missioni militari e sulle alleanze. Punti comuni si possono raggiungere con il rafforzamento democratico delle istituzioni europee, il rafforzamento della dimensione parlamentare delle organizzazioni internazionali quali la NATO e l’OSCE sul modello del Consiglio d’Europa. Blocco dell’estensione della presenza militare NATO verso est, compresi gli scudi spaziali. Blocco della corsa agli armamenti con ripresa dei negoziati sulla riduzione delle armi nucleari e convenzionali. Accordi di cooperazione intercontinentale, in primo luogo con l’America Latina. Iniziative di pace nel M.O. con priorità al conflitto arabo-israeliano. Rispetto dei diritti umani, sindacali e politici, così come della protezione ambientale, come parametro principale di orientamento per le politiche di cooperazione e di investimento all’estero e del commercio internazionale;

6) applicare modelli politici partecipativi a tutti i livelli. Ricambio generazionale e riequilibrio di genere, oltre che nelle istituzione rappresentative in tutti i settori che beneficiano di contributi pubblici.

7) elaborare una riforma della giustizia con tutela diretta dei cittadini, azioni collettive e popolari, processi rapidi e meno costosi, accesso diretto alla Corte Costituzionale;

8) battersi per la protezione dell’ambiente, il risparmio energetico e lo sviluppo di fonti rinnovabili, la tutela qualità dell’aria e delle acque.

I socialisti minacciati nella loro esistenza devono scegliere tra la testimonianza del passato e la scommessa sul futuro. Le forze ci sono, se non le dobbiamo impiegare, secondo la migliore tradizione del passato, nelle lotte intestine.