mercoledì 16 febbraio 2011

LEGGE ELETORALE E SCELTE POLITICHE

PERISCOPIO SOCIALISTA 

Speriamo in "un giudice a Berlino" che avesse finalmente il coraggio civile di rinviare il "porcellum" alla Corte Costituzionale. Questo giudice potrebbe esserci, non a Berlino e nemmeno a Strasburgo, dove pure pende un ricorso, ma a Milano. E potrebbe decidere in tempi rapidi. La discussione in udienza pubblica è fissata per il 16 marzo 2011. Inizio di una nuova era o ritorno alla Prima repubblica?

di Felice Besostri

Tutti i ragionamenti politici sono destinati a cadere di fronte alla logica di una legge elettorale, votata formalmente dalla maggioranza (ma la cui filiazione culturale è toscana) e che nei principi (soglia di accesso e premio di maggioranza, cioè bipolarista con tendenza bipartitica) è veltroniana.

    Walter l'ha usata scientificamente per distruggere l'area riformista e di sinistra. C'è quasi riuscito. Ma il successo della parte destruens non ha avuto lo stesso esito in quella construens, perché l’amalgama nel PD non è riuscito. Così, il leaderismo fondato sui bagni di folla delle primarie si è rovesciato contro il PD appena le primarie diventano minimamente competitive. Finché il candidato è interno, ce ne sono più di uno, se è un esterno (per es. Boeri a Milano) non mobilita il partito.

    Vendola si è accorto del vuoto e si è reso interprete di pulsioni di sinistra del popolo delle primarie, che rappresenta una parte dell'elettorato, ma non tutto l'elettorato. L'OPA sulle primarie, però, può funzionare soltanto se le elezioni sono anticipate, anzi imminenti, ma rivela tutte le contraddizioni quando si tratta di passare dalla vittoria alle primarie alla vittoria nelle urne vere.

    Se l'alleanza PdL-Lega, anche dopo la defezione di Fini, restasse il blocco di maggioranza relativa, a questo spetterebbe il premio di maggioranza del 55% dei seggi alla Camera dei Deputati (a meno che non riesca l'Union sacré o, con terminologia antifascista, il CLN).

    Tuttavia, la legge elettorale richiede che una coalizione di liste debba non soltanto avere un programma comune, ma anche un capo della coalizione. In violazione dell'art. 92 della Costituzione viene imposto un candidato premier eletto dal popolo. Sui simboli di liste, non in tutte per fortuna, appare un nome con la qualifica di “presidente”.

    Qui la forma di governo parlamentare delineato dalla nostra Costituzione è stato stravolto da una legge elettorale, cioè ordinaria. Tutto sommato, il golpe era riuscito senza colpo ferire. Avete sentito di mobilitazioni per l'abrogazione almeno del premio di maggioranza, a parte un recente conato del PSI?

    Al contrario, si sono raccolte le firme per i referendum Guzzetta, che assegnava il premio di maggioranza non più alla coalizione, ma addirittura alla lista di maggioranza relativa. Ma proprio in sede di ammissibilità dei referendum elettorale la Corte Costituzionale ha lanciato il suo avvertimento con le sentenze n. 15 e 16 del 2008. Ma è scattata la protezione dell'ordine giudiziario, che ha deciso che le leggi elettorali per il Parlamento nazionale non sarebbero soggette al controllo di costituzionalità perché l'unico organo competente sarebbero le Giunte delle elezioni delle Camere. . . elette con la legge di sospetta costituzionalità, a elezioni avvenute!

    Veniamo al CLN. Per vincere deve avere un capo. Se questi sarà Casini, Montezemolo, Mario Monti (ci manca solo Marchionne) oppure, sull’altro versante, Vendola o Saviano, ebbene allora non si farà il pieno dei voti.

    Conclusione: o non si vota con questa legge elettorale ovvero bisogna usarne strumentalmente le particolarità (uso parziale e alternativo). Ma ciò richiederebbe una spregiudicatezza disinteressata, cioè una qualità non diffusa nella nostra classe politica.

    In tal caso si dovrebbe individuare un capo della coalizione non candidato/a al Parlamento, che non metta il nome su nessuna lista e che dichiari di non essere candidato/a alla presidenza del Consiglio, perché ama e rispetta la Costituzione nonché le prerogative del Presidente della Repubblica, che pour cause è quel galantuomo di Giorgio Napolitano. Se questo capo della coalizione fosse una donna, ancora meglio, e una casalinga di Voghera sarebbe il massimo.

    L'altra soluzione starebbe, invece, in un giudice avesse finalmente il coraggio civile di rinviare la legge elettorale alla Corte Costituzionale. Questo giudice potrebbe esserci, non a Berlino e nemmeno a Strasburgo, dove pure pende un ricorso contro la legge elettorale italiana, ma a Milano. E potrà decidere in tempi rapidi.

    La discussione in udienza pubblica è fissata per il 16 marzo 2011.
    Se fosse dichiarato incostituzionale il premio di maggioranza, si potranno allora costruire coalizioni tra affini, facendo attenzione soltanto alle soglie di accesso, che al Senato restano elevate a livello regionale. E dopo le elezioni si potranno formare governi di coalizione.

    Torneremmo alla Prima Repubblica? E' un rischio. Ma meno pericoloso che vivere in questa permanente agonia della Seconda.

    Dice un proverbio turco: Le notti sono incinte, ma il giorno che partoriranno, nessuno lo conosce. 

mercoledì 9 febbraio 2011

La Seconda repubblica salvata (per ora) da quelli della Prima

PERISCOPIO SOCIALISTA 

La crisi istituzionale italiana è giunta ad un punto di gravità tale, che sarebbe possibile immaginare  ogni scenario, se non facessimo parte di un sistema politico integrato come è quello dell'Unione Europea.

di Felice Besostri

Per fortuna - è uno dei tanti paradossi attuali - ci sono personaggi della prima repubblica, che rappresentano una continuità di senso dello stato, come il Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano: una serie di fortuite “coincidenze” temporali, ha portato ai vertici delle istituzioni, due galantuomini (già il termine è ottocentesco), come Ciampi e, appunto, Napolitano.

    Chissà dove sarebbe giunta, senza di loro, la crisi istituzionale –  che si accompagna a una crisi politica e dell'etica pubblica senza precedenti nell'Europa moderna.

    Il centro-sinistra per cultura politica era, fino al 2008, composito e plurale e non del tutto convertito al modello bipolare, poi imposto dalla coppia Veltroni e Berlusconi, né dedito allo schema dello spoil system, senza i contrappesi e i controlli del regime presidenziale americano.

    Per puro caso il sistema maggioritario con premio di maggioranza, soglia di accesso e liste bloccate non ha scardinato il nostro ordinamento costituzionale. Una maggioranza parlamentare artificiale di nominati, scelti per fedeltà e servilismo da meno di una decina di oligarchi, politosauri, satrapi o sultani, se avesse eletto alla presidenza della repubblica un capo partito (indifferente, che fosse stato D'Alema o che sarà Berlusconi), avrebbe stravolto tutto un sistema di pesi e contrappesi, compresa la scelta proporzionale implicita con i suoi quorum di garanzia.

    Corte Costituzionale e CSM, per fare due esempi, in poco tempo sarebbero stati asserviti ad una maggioranza parlamentare, neppure corrispondente alla maggioranza del corpo elettorale. Il disegno eversivo non era di una sola parte: la riforma in senso maggioritario del sistema elettorale, dai comuni, alle regioni e fino al parlamento è stata largamente condivisa.

    Una parte del centro-sinistra ha persino sostenuto i referendum Guzzetta, ammessi dalla Corte Costituzionale, ma anche occasione con le sentenze n. 15 e 16 del 2008 per chiedere, finora invano, che un giudice trovasse il coraggio civile di rinviare alla Consulta la legge elettorale 270/2005, ormai conosciuta come il porcellum.

    Il Mediterraneo, nella sua parte meridionale, è in ebollizione, e anche la sponda orientale dell'Adriatico. La crisi di regimi autoritari, cioè l'espansione delle libertà, si accompagna al timore di nuovi regimi integralisti islamici, di cui sono segni simbolici preoccupanti l'incendio di una sinagoga in Tunisia e la sorte dei cristiani copti in Egitto. In questa situazione è un segno del degrado delle nostre istituzioni un ministro degli esteri, assente dagli scenari mediterranei, ma servizievole, con la complicità del presidente del Senato, alla macchina del fango berlusconiana.

    Ora, chi vuol fare pulizia, se vuol essere coerente, non può limitarsi a chiedere le dimissioni di Berlusconi e Fini, ma anche di Schifani e Frattini.

    Uno sbocco politico è necessario. Se comprende un passaggio elettorale, non può avere luogo con questa legge. Una sua modifica parlamentare è impossibile, ma rinviarla in tempi brevi alla Corte Costituzionale sì. E lo sarà a maggior ragione se il prossimo 16 marzo la Prima sezione del Tribunale di Milano accerterà il diritto di un cittadino a votare con una legge elettorale conforme a Costituzione.

    Il Parlamento deve tornare a rappresentare le forze politiche, escluse da un meccanismo elettorale iniquo. 
    In questo momento resta evidente che una debolezza del nostro sistema politico è proprio l'assenza di una sinistra, come nel resto d'Europa, dove l'egemonia è colà assicurata, malgrado le recenti sfortune elettorali, da un partito membro del PSE e dell'Internazionale Socialista, socialista, socialdemocratico o laburista.

    La sinistra italiana nel suo complesso esce indebolita dal referendum FIAT a Mirafiori, sia che si metta a cavalcare i Sì e la modernità di Marchionne o la percentuale elevata dei No come superiorità antropologica, senza essere capace di indicare la strada difficile dell'unità sindacale e nuove forme di partecipazione alla gestione delle imprese. Ma occorre che la Mitbestimmung cessi di essere una bestemmia a sinistra.

    La sinistra che c'è oggi in Italia è la più debole d'Europa e nelle regioni più sviluppate del settentrione appare ridotta a una forza marginale, senza radici né tra gli strati popolari tradizionali dei lavoratori dipendenti, né tra le classi medie del composito mondo delle partite IVA e delle libere professioni.

    Ci sono le condizioni per rilanciare una sfida a sinistra per dare uno sbocco europeo alla crisi, contro ogni tentazione di soluzioni all'egiziana, i cui elementi costitutivi sarebbero uno sciopero generale, insieme con la protesta di massa degli studenti vittime della Gelmini, dei precari, dei disoccupati e delle donne umiliate dal modello Arcore, più tutte le aree del disagio sociale e personale: in poche parole la maggioranza degli italiani e delle italiane.

    Per non farsi sopraffare dalla forza delle semplificazioni, come via di fuga dalle frustrazioni accumulate negli anni, bisogna essere lucidi e avere fatto scelte di fondo: metodo democratico, europeismo, laicità, giustizia sociale, libertà individuali e collettive e una certa idea di socialismo, che tenga insieme tutto questo.

http://video.corriere.it/milva-il-governo-deve-andare-casa/ba464cc6-3165-11e0-90b6-00144f02aabc