mercoledì 23 aprile 2008

Un disastro annunciato

di Felice Besostri
Con questa legge elettorale, che non sarà cambiata, forse con l’eccezione del Senato per peggiorarla in senso maggioritario, vi è una polarizzazione artificiale. Tale fatto, di dubbia costituzionalità per violazione dei principi del voto uguale e diretto (premio di maggioranza e liste bloccate), favorisce le aggregazioni maggiori. PdL e PD hanno funzionato come delle idrovore nel rispettivo campo.
Il PD, grazie anche alla tenuta della UCD, non ha conquistato voti al centro malgrado il suo programma e le sue candidature, ma ha svuotato la sinistra. In termini assoluti non ha conquistato elettori rispetto alle liste Ulivo della Camera nel 2006, tenendo conto dell’apporto degli elettori radicali e socialisti della Rosa nel Pugno.
Visto il risultato, il voto utile è stato inutile, anzi dannoso.
La sinistra in tutte le sue espressioni è scomparsa dal Parlamento: caso unico in Europa, compresi i paesi dell’ex blocco sovietico.
La sconfitta numerica della sinistra è stata preceduta dalla sua sconfitta politica, cioè dall’incapacità di rappresentare una credibile proposta di governo.
Con un’analisi raffinata ed obiettiva la caduta del Governo Prodi, non le è addebitabile (Dini e Mastella sono quelli che hanno fatto mancare i voti al Senato), ma nell’opinione pubblica la sua responsabilità è netta.
Il centro-sinistra è finito politicamente per due fatti: la decisione di Veltroni di far correre da solo il PD e la sopravalutazione della mobilitazione del 22 ottobre.
In una democrazia rappresentativa si vota con le mani (e con la testa) nella cabina elettorale e non con le gambe nei cortei e nelle cosiddette mobilitazioni di massa.
Sia chiaro! Le manifestazioni sono essenziali per la vita democratica, ma devono far parte di un disegno che parli a tutti gli elettori e non soltanto ai propri militanti.
La Sinistra Arcobaleno (a questo punto possiamo togliere i segni di interpunzione e un articolo di troppo) è nata con il sogno dell’antagonismo, un antagonismo che per di più si opponeva ai sindacati nel loro insieme, ed alla CGIL in particolare la CGIL ha reagito, una reazione giustificata: doveva difendere l’esito della consultazione tra i lavoratori, ma non meditata. I suoi esponenti, già impegnati nella Sinistra Democratica (per il socialismo europeo, sempre più tra parentesi) hanno scelto la separazione da SD ormai sempre più SA, ma senza impegnarsi nella costruzione di un soggetto politico di sinistra con le caratteristiche europee, cioè appartenente all’area socialista.
La mancanza di un tale soggetto è il segno di anomalia italiana, che spiega anche il fatto che la sinistra italiana, anche prima delle elezioni, era la più debole in Europa.
La débâcle socialista è un altro dei tasselli della disfatta della sinistra.
Le giustificazioni contingenti ci sono e di peso: il processo costituente è stato affrettato, ma neppure si è concluso.
Le potenzialità delle speranze suscitate dal processo costituente sono state soffocate sul nascere dalla inevitabile gestione per antiche provenienze: les mortes saisissent les vifs, i morti hanno afferrato i vivi.
Nel desolato panorama di fronte ai nostri occhi per i socialisti si salva almeno l’ancoraggio internazionale al socialismo europeo. Tuttavia aspettare che dal PSE possa giungere una salvezza è una pia illusione. Il PSE è una confederazione di partiti nazionali, che deve confrontare la sua consistenza, come gruppo, con quella del PPE. Questo fatto spiega la reciproca ambiguità dei rapporti PSE-PD, con a rimorchio quelli dei singoli partiti socialisti con i democratici italiani.
I rappresentanti dei DS o della Sinistra Giovanile sono tuttora ai loro posti nelle organizzazioni socialiste europee ed internazionali.
Senza enfatizzare, perché sarebbe fuori luogo, si può rimarcare che i socialisti nella circoscrizione estera hanno tre volte la percentuale dei voti ottenuti in Italia, con il loro 3,2%, superiore al 2,9% della Sinistra Arcobaleno.
Una sinistra unita e plurale, cioè senza la pregiudiziale antisocialista, avrebbe eletto un parlamentare nella circoscrizione Estero.
Che fare? Il rinnovamento dei gruppi dirigenti è improcrastinabile, ma non con le solite congiure di palazzo, ma per libera loro autodeterminazione, come si fa in tutta Europa in caso di sconfitta.

Bisogna ricostituire una rete di presenza organizzata nella società: formazioni politiche che scoprono ad urne aperte il successo della Lega Nord e di Berlusconi, significa che non sono più in contatto con la popolazione, neppure con i propri elettori.
Il voto per la Lega nella coalizione col PdL e per l’IDV nella coalizione con il PD di giovani, precari e di ceti popolari significa anche che le altre formazioni, sinistra compresa, non ne hanno saputo interpretare i bisogni, le frustrazioni e la protesta e neppure il desiderio di legalità e di pulizia della casta politica.
Aprire subito un confronto non diplomatico o consolatorio a tutti i livelli dentro la sinistra per organizzare da subito la rivincita delle elezioni europee: è l’ultima prova d’appello da affrontare con serena determinazione.
Vedremo compagni depressi, altri che cambieranno aria per approdare in un modo o nell’altro nel PD, che è stato seriamente sconfitto, ma resta l’unico dispensatore di posti nel centro-sinistra.
Restano intatte le ragioni di una sinistra, che non rinunci al socialismo nel XXI secolo. Le crescenti minacce all’ambiente, i venti di guerra, le intollerabili diseguaglianze economiche e delle condizioni di vita tra diverse parti del mondo ed all’interno dei singoli paesi, il nostro compreso, sono fatti che non consentono rinunce. A ciò si aggiungeranno gli attentati al nostro ordinamento costituzionale presenti nel DNA di questa legge elettorale e delle sue derive plebiscitarie e populiste, con i nodi irrisolti dell’autonomia delle istituzioni politiche dai gruppi di pressione, dalla Confindustria al Vaticano.
Una sinistra che voglia esistere politicamente e non fare testimonianze ha davanti a sé un compito difficile, difficilissimo, ma non impossibile.
Una giovane elettrice ha commentato a caldo: la sinistra non è morta, dorme.
In politica sarebbe sbagliato aspettare l’arrivo del Principe Azzurro per svegliarsi: ricominciamo piuttosto a far politica ed organizzarci a far politica in modo diverso.
Due punti appaiono essenziali, una struttura democratica e partecipata: basta con i mandarini, ed una struttura effettivamente federalista, come è quella del PSOE in Spagna.
È assurdo che i poteri decisionali delle strutture partitiche non corrispondano ai poteri dei livelli istituzionali in cui operano.
I livelli regionali ed europei hanno meno potere decisionale di quelli provinciali e nazionali, e cioè mentre le competenze, anche normative, delle Regioni e dell’Unione Europea sono enormemente cresciute rispetto a quelle delle collettività locali e dello Stato nazionale.
Una dirigenza politica, meno legata ai palazzi romani, sarebbe stata, almeno potenzialmente, più aderente ai problemi dei territori e dei cittadini, che vi abitano.

*) Costituzionalista, senatore nella XIII Legislatura (DS-L’Ulivo)

martedì 8 aprile 2008

Prove di dialogo tra Sinistra Arcobaleno e Partito Socialista

di Carlo Patrignani

Ci si chiede perché si torni a parlare di questione socialista. La risposta di Rino Formica è secca: "Perché i socialisti non sono scomparsi". E a Fausto Bertinotti, che vorrebbe rimandare il confronto con il Ps al dopo-elezioni, ricorda: "gli avevamo offerto un accordo tecnico tra le nostre liste e le loro. Abbiamo ricevuto un no: presunzione o paura di contaminazione?"

    Si è riaperta, inaspettatamente, ma non tanto, la "questione socialista": chi aveva con molto azzardo preconizzato la fine, il superamento del socialismo per la crisi delle sue diverse espressioni, dalla variante socialdemocratica e laburista a quella più radicale, di sinistra, dovrà ricredersi. "La prima cosa è chiedersi perché si torna o si ritorna a parlare di questione socialista visto che nulla avviene anche in politica per caso. La mia risposta è: perché i socialisti non sono scomparsi".

    Il piglio ironico e la battuta sarcastica sono sempre le stesse di quando Rino Formica diceva "la politica è sangue e merda", o di quando affermava "il convento è povero ma i monaci sono ricchi", riferendosi a quei dirigenti che tenevano uno stile di vita principesco, o quando notava, nel 1991, che l'Assemblea Nazionale del suo Psi era una "corte di nani e ballerine". Autonomista "doc" della scuola di Pietro Nenni, ma attentissimo ai rapporti con i comunisti di ieri e con gli ex-comunisti di oggi, vicino agli eredi di Giorgio Amendola, come Emanuele Macaluso, Formica, uscito a testa alta dallo "tsumani" di Tangentopoli che travolse il Psi di Bettino Craxi, segue con passione le vicende politiche e guarda con interesse a quanto bolle nella pentola della Sinistra Arcobaleno.

    E se il candidato Premier Fausto Bertinotti rilancia la "questione socialista" per il dopo elezioni, seguito a ruota da Pietro Folena e Gennaro Migliore e dal senatore di Sd, Cesare Salvi, lui, con un pizzico di orgoglio, ricorda: "Ma noi socialisti al libertario Bertinotti avevamo offerto un accordo tecnico tra le liste socialiste e quelle di SA: se ci fosse stato questo accordo tecnico oggi avremmo la certezza di una presenza socialista alla Camera e al Senato, e la SA avrebbe la certezza di avere i suoi senatori in ogni regione d'Italia". Purtroppo, è il suo rammarico, "abbiamo ricevuto un no, e questo no è stato un errore di presunzione, o un no per la paura di una contaminazione?", si chiede sorridendo. Ce lo dica, onorevole. "E' bene che si sappia una cosa: i socialisti sono attrezzati ad aprire, anche oggi, una discussione sulla necessità di un nuovo revisionismo socialista, ma Bertinotti vuole attendere il 14 aprile. Perché? Ma perché forse teme Ferrando e Turigliatto, perché non vuole turbare i fedeli della mummia di Lenin".

    Eccolo il Formica pungente, tutt'altro che in disarmo, assertore convinto che "il socialismo o è largo o non è", una formula che ben si combina con la "sinistra plurale ed aperta" della SA. "C'è poi dell'altro: la verità è che la sinistra se non perde, non impara la lezione della storia", osserva l'81enne più volte ministro della Repubblica. "La sinistra non vuole mai prevedere la crisi propria perché crede che la crisi sia presente solo nel campo avverso; e questa presunzione la mette nella spiacevole situazione che, dopo ogni significativo evento politico, deve sempre ricominciare daccapo". Una sorta di autolesionismo duro a morire, dunque.

    Intanto però dietro le quinte qualcosa di serio si muove, e i "boatos" dicono di un voto disgiunto: in quelle regioni dove servono voti a SA per raggiungere e superare la soglia dell'8% al Senato, come nella Puglia di Nichi Vendola, sono pronti i voti dei socialisti, un favore che quelli della SA sono pronti a ricambiare in altre regioni, come la Calabria. Un voto disgiunto che non penalizza affatto il Pd, che anzi vede di buon occhio l'intesa elettorale, che toglierebbe senatori al Pdl, ma meno bene quella politica, ossia il dialogo diretto, anche perché nel Pd i fans dei socialisti ci sono (Piero Fassino ma anche Massimo D'Alema), e se stanno per ora zitti è solo per non disturbare il candidato premier.

    "Dobbiamo aspettare il 14 aprile? Bene, dopo il 14 aprile ci saremo e forse, quel giorno, avremo qualche ragione in più", avverte Formica. "E' vero che noi socialisti non siamo una forza che può far da sola - precisa - ma attenzione, siamo una forza che può sparigliare molto i giochi in casa altrui". Ma perché i socialisti non sono scomparsi nonostante intellettuali del calibro di John Lloyd o di Anthony Giddens tentino di far passare questa tesi? "Perché non è scomparso il nesso tra questione sociale e questione democratica: il sistema politico italiano dei grandi partiti ha tentato di separare queste due questioni e sono venute fuori figure politiche zoppe", conclude Formica dando appuntamento al 14 aprile. E tra i socialisti c'è chi non si rassegna ad aspettare questa data. "Spero che dopo l'annuncio un passo avanti lo facciano: un incontro prima del voto avrebbe notevoli effetti mediatici e potrebbe influenzare chi tra gli elettori di sinistra è indeciso ed orientato al non voto", nota lo storico Giuseppe Giuseppe Tamburrano, Presidente della "Fondazione Nenni" rivolgendosi ai candidati premier della SA, Fausto Bertinotti, e del PS, Enrico Boselli, affinché prima del voto facciano appunto "un passo in avanti" rispetto all'annunciato avvio del dialogo.

    Un "faccia a faccia" Bertinotti-Boselli prima del voto, "è auspicabile: potrebbe influenzare, spingere al voto quanti tra gli elettori di sinistra sono indecisi o orientati al non voto perché o non trovano una proposta di sinistra o un soggetto socialista", precisa Tamburano, e di questo fatto se ne avvantaggerebbe anche il Pd. E se i "boatos" dicono pure di un voto disgiunto a Roma a favore del candidato Sindaco del Ps, Franco Grillini, le diplomazie lavorano in silenzio per preparare al meglio l'appuntamento per il dopo elezioni insieme a quei socialisti che da tempo sono impegnati nella Sd: da Carlo Vallari a Federico Coen a Giovanni Pieraccini, da Ernesto Fedi a Angela Tedesco, entrambi candidati nelle liste di SA al Senato in Toscana e nel Lazio. Insomma, se sono rose, rosse... fioriranno.

lunedì 7 aprile 2008

Sentenza giustissima - Costituzionalisti pelosi

A dieci gioni dal voto il ministro degli interni Amato non esclude un rinvio delle consultazioni. Sul "Caso Pizza-DC" si attende per il 10 marzo il pronunciamento della Cassazione. E Felice Besostri -- senatore emerito, avvocato nonché docente di diritto costituzionale alla Statale di Milano -- riassume per noi lo stato dell'arte sulla spinosa questione.

di Felice Besostri
La giustissima ordinanza della Sezione V del Consiglio di Stato, con la quale è stato sospeso il diniego di registrazione del simbolo della DC di Pino Pizza, ha suscitato la reazione di costituzionalisti. Loro e qualche giornalista esperto di diritto pubblico hanno ricordato l'art. 61, c.1 della Costituzione, che recita "Le elezioni delle nuove Camere hanno luogo entro settanta giorni dalla fine delle precedenti". Questo per sostenere che sarebbe stato incostituzionale ogni ipotesi di rinvio delle elezioni, sia pure in esecuzione di un provvedimento giurisdizionale.

Capisco che l'ipotesi di rinvio non piaccia né a Veltroni né a Berlusconi e che quindi ci siano schiere di commentatori pronti a stracciarsi le vesti. Ma io mi chiedo dove stavano questi illustri costituzionalisti e giornalisti quando la Sezione IV del Consiglio di Stato (con la sentenza n. 1053/2008 dell'11-13 marzo 2008) ha stabilito che il decreto di convocazione dei comizi elettorali, in quanto "atto politico", è inimpugnabile? Se atto inimpugnabile, i comizi elettorali possono essere convocati anche oltre il termine costituzionale dei 70 giorni. La teoria dell'atto politico è stata inventata per impedire di portare innanzi alla Corte Costituzionale la legge elettorale vigente sulla quale grava un serio problema d'incostituzionalità a causa del premio di maggioranza, come per altro adombrato dalla stessa Corte nelle sentenze nr. 15 e 16 del 2008 a in tema di ammissione dei referendum elettorali.

Gli stessi costituzionalisti sono rimasti zitti quando il Tar Lazio (Sezione II-bis, sentenza n. 1855 del 27 febbraio 2008) aveva deciso che competenti ad esaminare i ricorsi di cittadini elettori contro la legge elettorale per sospetta incostituzionalità erano le Giunte delle Elezioni delle... future Camere. Quella che verrebbero elette in forza della legge elettorale incostituzionale medesima!

I nostri illustri commentatori s'indignano a corrente alternata. Per costoro la violazione dell'art. 61 della Costituzione è più importante degli articoli 24, 103, 111 e 113 della stessa Carta costituzionale, ma anche degli articoli 6 e 13 della "Convenzione Europea dei Diritti dell'Uomo" che (in virtù degli articoli 10, c. 1 e 117, c. 1 della Costituzione) sono parte integrante nel nostro ordinamento costituzionale. Il Tar Lazio e il Consiglio di Stato hanno deciso che non c'è nessun giudice competente ad esaminare la costituzionalità della legge elettorale prima delle elezioni? Non fa niente.

I nostri costituzionalisti e giornalisti erano assai taciturni quando il Ministero degli Interni ha ammesso simboli elettorali con la qualificazione "Presidente" apposta come dicitura sotto il nome dei vari capi-partito. I nostri costituzionalisti e giornalisti si sono dimenticati totalmente l'articolo 92 della Costituzione secondo cui spetta al Presidente della Repubblica nominare il Presidente del Consiglio dei ministri. O vogliono far credere che sia la gente, plebiscitariamente, a proclamare il premier, in contrasto con la forma di governo parlamentare sancita dalla Costituzione? Tranquilli. Pino Pizza rinuncerà al ricorso. E credo che gli pagheranno le spese legali. Auguri a tutti.

mercoledì 2 aprile 2008

Perché voto socialista

Queste elezioni sono importanti, perché segneranno, comunque, una svolta. Una stagione, quella dell’Ulivo e del Centro-sinistra, è finita. Quella stagione ha avuto luci ed ombre, ma non meritava di finire così, seppellita dai suoi stessi protagonisti. Mi ha fatto riflettere l’annuncio che Prodi abbia rinunciato alla tradizionale conferenza stampa di fine legislatura "per non favorire la propria parte politica", ha dichiarato.Tutti, invece, sanno che da parte del PD si pensava con terrore a tale conferenza, come fosse il bacio della morte sulle speranzuole di superare nel rush finale il Cavaliere. Dopo il 14 aprile l’unica cosa vecchia che ci sarà (probabilmente) ancora è Silvio. Tuttavia, ed è questa la prima scelta che ciascuno di noi dovrà fare, non mi farò condizionare dal ritorno del Cavaliere S. B. nel decidere come votare.

di Felice Besostri *)
Una legge elettorale incostituzionale - Il voto in democrazia è la manifestazione più importante della sovranità del popolo e della libertà del cittadino. Se il popolo non è sovrano ed il cittadino non è libero, non siamo in democrazia. Votiamo con una legge elettorale incostituzionale, sia per il premio di maggioranza, sia per le liste bloccate.

Sul premio di maggioranza si è già espressa, sia pure solo incidentalmente per mancanza di coraggio, la Corte Costituzionale nelle sentenze 15 e 16 del 2008, emesse decidendo, in maniera sciagurata, di ammettere i referendum elettorali, che renederebbero ancora più grave la incostituzionalità della legge Calderoli, nota come "porcellum".

Con premio di maggioranza e lista bloccata il voto non è più uguale. Né Camera e Senato sono eletti direttamente, come prevede la Costituzione: una buona parte dei loro componenti sarà eletta non dai cittadini ma dal premio di maggioranza, cui si aggiunge lo scandalo di quelli eletti indirettamente, grazie alle opzioni dei candidati multipli, nel PdL la regola.

Si vuole imporre un bipolarismo coatto ed artificiale, con tutti i mezzi, compreso il silenzio della stampa, sullo scandalo della mancanza di tutela del cittadino elettore che non voglia votare con una legge incostituzionale. Capisco i giornali legati a Berlusconi direttamente o quelli a Veltroni indirettamente attraverso gli interessi dei loro editori, ma all’appello mancano anche giornali come il Riformista, il Manifesto e Liberazione. Stupisce la posizione degli ultimi due legati ad uno schieramento, quello della Sinistra Arcobaleno (so che non è il nome esatto, ma la presenza del punto tra le due parole e degli articoli è stata una delle ragioni che mi ha fatto dubitare del progetto) che dal premio di maggioranza, e perciò dal "voto utile", è danneggiato.

Vocazione al suicidio o calcolo politico? L’una e l’altro. Se la vicenda finiva in Corte Costituzionale (due sentenze di primo grado e d’appello emesse nel giro di 28 giorni dalla prima notifica – e si dice che in Italia la giustizia è lenta? – l’hanno impedito). C’era il rischio che saltassero anche le liste bloccate: a quel punto addio alla sinistra unita!

Il PD non può presentarsi come il nuovo, cioè la "coalizione per" e beneficiare a man bassa dell’antiberlusconismo viscerale: senza il quale sarebbe molto di sotto del 30%. Troppi tra i miei amici e conoscenti, anche gente di sinistra tosta, per i quali già i DS erano moderati, mi preannunciano il voto PD, ma turandosi il naso. Io invece non posso votare in apnea, che fa affluire meno ossigeno al cervello, ma nelle province di Napoli e Caserta può essere forse un vantaggio per non sentire l’immondizia. Poi però bisognerebbe chiudere gli occhi e non vedere né Bassolino né la Jervolino.

Se si vuol dare un voto utile, la vera palestra è il Senato, dove si può votare per impedire la vittoria di Berlusconi anche nella Camera alta, per la Sinistra Arcobaleno o anche per l’UCD, se si vuol dare un voto utile e contro il PdL. L’Italia è un paese a bicameralismo perfetto e, quindi, bisogna avere la maggioranza nelle due Camere: oggi dovremmo saperlo bene. Non lo sapevano i nostri dirigenti nel 2001, tanto che regalarono la vittoria a Berlusconi al Senato: tra i responsabili c’era anche Veltroni, ma in Italia la memoria è corta.

C’è il premio di maggioranza, ci sono le liste bloccate... Non possiamo permettere che ci rubino anche la libertà di scelta: se si vota PD alla Camera dei Deputati per impedire a Berlusconi di vincere, si corre il rischio di buttare via il voto qualora il PdL vincesse ciò malgrado. Si darebbe un segnale a favore del bipolarismo artificiale e ricattatorio. Tra i suoi prodotti c'è Di Pietro che ho sentito spiegare perché nel suo Molise si doveva votare non il PD, ma l'Italia dei Valori, con argomentazioni da concorrente e non da alleato: Veltroni non doveva correre da solo?

Dobbiamo dare un segnale che non siano disposti ad essere dominati da oligarchie dei partiti, men che mai se i partiti fossero ridotti a due.

Un voto ideologico! - Lo ammetto. Non mi vergogno di farmi condizionare dalle mie idee, dalla mia visione del mondo. Io condivido quel che penso. E io non penso bene di tutto questo continuo proclamare che l’ideologia è morta, che destra e sinistra non esistono più (allora perché il bipolarismo?). Quando si dice che la sinistra e la destra sono la stessa cosa, ricordo sempre la battuta yddish: "Se il tuo rabbino è come il mio rabbino, perché non prendiamo il mio rabbino?".

La sinistra cambia nel tempo e nello spazio, però resta sempre qualcosa di diverso o almeno dovrebbe. Certo che c’è un po’ di retorica e di sentimentalismo nel dichiararsi di sinistra in Italia, poi nel sentirsi socialista bisogna essere anche temerari. Per chiarire, per me la parola socialista, sia come aggettivo che come sostantivo, ha un significato, perché esiste la parola SOCIALISMO. La scomparsa di questo riferimento nei documenti fondativi della Sinistra Arcobaleno è stato il secondo e maggiore motivo di dubbio su quel progetto.

Nel nome del SOCIALISMO si sono commessi delitti e si sono instaurati regimi dittatoriali. Pur definendosi socialisti, molti, troppi, si sono adattati all’ideologia dominante del mercato. Tuttavia a fronte delle diseguaglianze, in molti casi crescenti, tra aree del mondo ed all’interno dello stesso paese, resto dell’idea che non tutto si regoli automaticamente col mercato.

Lo sviluppo ed il sottosviluppo stanno minacciando come non mai la stessa vita sul pianeta. Con una frazione delle spese militari, che probabilmente superano quelle del tempo della Guerra Fredda e dello scontro USA-URSS, si potrebbero eliminare le pandemie, l’analfabetismo e la mancanza di acqua potabile. Le economie dei paesi occidentali ed i nostri stessi risparmi sono minacciati da una crisi, che ha la sua origine nella concessione di mutui immobiliari a rischio negli Stati Uniti. Fu una scelta precisa per alimentare la bolla immobiliare ed i cosiddetti "derivati" collegati ai "valori" liberisti, una scelta accompagnata da totale deregulation sugli istituti che concedevano i mutui.

Personalmente mi è sempre piaciuto il primo statuto del PSOE (Partido Socialista Obrero Espanol) secondo cui l’obiettivo del Partito era la "costruzione di una società senza classi di uomini liberi, uguali, onorati ed intelligenti". Linguisticamente ci sarebbero ora dei problemi di politically correct, bisognerebbe dire "persone" ovvero "donne e uomini" (non soltanto uomini)... E poi l’obiettivo dell’intelligenza potrebbe essere male interpretato come contro i portatori di deficit cognitivi...

Non credo che il socialismo sia un "cane morto" nel XXI secolo. Ha abbaiato anche di recente nelle elezioni politiche spagnole e nelle amministrative francesi.

L’Italia è in Europa. L’Europa nel mondo - Io voto in Italia. Ma occorre avere occhio, oltre che alla crisi finanziaria internazionale e agli scenari di guerra, anche alla cronaca: per capire che senza uno sguardo di più ampio raggio, non si faranno scelte razionali. Pensate alla vicenda AIR FRANCE / ALITALIA o alle traversie della Mozzarella di bufala: capirete che il nostro sistema politico non può rimanere anomalo rispetto alle grandi culture politiche europee.

In Europa ci sono due grandi schieramenti, quello progressista del Partito del Socialismo Europeo e quello conservatore del PPE. Accanto a questi ci sono poi il gruppo liberdemocratico, quello ambientalista e quello della sinistra radicale (definizione che mi fa orrore, come "Terzo Mondo" o "Paesi in Via di Sviluppo", ma per farmi capire la uso). Infine c'è anche una destra-destra. E' chieder troppo volere che questo pluralismo europeo sia garantito in Italia? Ma soprattutto sarebbe bello se l’Italia uscisse dall'anomalia nazionale ed entrasse nella normalità politica europea.

Credo in una sinistra come in Europa, cioè autonoma, laica e socialista. Per raggiungere questo obiettivo ci vorrebbe una sinistra nuova, unita, larga e plurale. E non si può parlare di sinistra plurale, se essa non comprende una consistente area socialista vincolata alla storia e ai valori del Socialismo europeo ed internazionale. Sinistra Democratica poteva costituire l’elemento di novità ed agire in raccordo con il parallelo percorso della Costituente Socialista... Così non è stato: l’esigenza di salvare il salvabile di due gruppi parlamentari evidentemente ipertrofici ha dettato i suoi comportamenti.

La laicità - Mai la Chiesa Cattolica è stata così invasiva, ma non mi meravigliano le gerarchie, ma l’assenza di reazioni adeguate dei partiti politici italiani, massimamente del PD. Mi rifiuto di far subordinare la libertà di ricerca scientifica ai dogmi clericali e di far entrare sotto le mie lenzuola o nelle mie mutande la loro morale - un po’ ondeggiante quando si tratta di pedofilia dei sacerdoti.

Credo nella laicità delle istituzioni, unica garanzia di libertà e pluralismo. Credo nella funzione della scuola pubblica secondo il dettato costituzionale e sono contro il dilagare dei finanziamenti alla scuola privata. Nel panorama dei partiti politici il Partito Socialista mi pare il più coerente, come dimostra la candidatura di Grillini a Roma, mentre si è ricostituita l’alleanza intorno a Rutelli: una maggioranza incapace di istituire il registro delle famiglie anagrafiche, ma capace di approvare un "Piano di Governo del Territorio" funzionale all’alleanza con i grandi costruttori romani e con gli istituti religiosi. Quale coerenza?

Adesione critica - Conosco i limiti della costruzione affrettata del Partito Socialista, che non ha potuto ancora tenere il proprio congresso, causa elezioni anticipate. Non sottovaluto le resistenze delle piccole oligarchie figlie della diaspora socialista: le ho sperimentate nella formazione delle liste, ma con gli occhi e le orecchie bene aperte sono convinto che quello al PS sia l’unico voto con un germe di futuro.

Ora occorre ancorarsi alla storia più che centenaria del socialismo italiano, senza limitarsi alle nostalgie craxiane. Occorre intensificare la partecipazione nelle famiglie del PSE e dell’Internazionale Socialista.

Un successo del PS è un investimento che darà i suoi frutti, sia che si superi il 4% sia che si incrementino i voti rispetto al tradizionale 1-2%.

I candidati - Nel PS ci sono novità quanto alle candidature. Valgano da esempio quella di Gavino Angius e di Valdo Spini. L’indicazione di Boselli quale candidato alla presidenza del consiglio è un premio ad un uomo politico per bene e garbato, coerente sostenitore – non ricambiato – di Prodi.

A Milano ci sono Francesco Somaini, Presidente del Circolo Rosselli, e Nicola Del Corno, Vicepresidente dello stesso Circolo, intitolato a quegli splendidi esponenti di un pensiero liberalsocialista di sinistra. Poi c'è ancora Raffaele Vilonna, un tecnico della sicurezza dei luoghi di lavoro. Con Somaini ed Vilonna ho condiviso la battaglia dentro i DS contro lo scioglimento nel PD. Con loro intendo continuare ad agire a partire dal 15 aprile, quando tutta questa nostra sinistra italiana avrà comunque bisogno di avviare una riflessione critica. A questo noi vogliamo lavorare, a tutto campo, con tutti gli uomini e le donne di buona volontà, che siano rimasti nel PD o nella Sinistra Arcobaleno.

L'invito a votare per le liste del Partito Socialista sono fatte anche per queste ipotesi di lavoro post-elettorali. In Italia PSI e PCI superavano il 40%: bisogna ricostruire una sinistra con le stesse ambizioni di radicamento sociale ed elettorale.

*) Senatore DS-L’Ulivo nella XIII Legislatura, candidato del PS milanese al Senato


martedì 1 aprile 2008

PENSIERINI DI SOCIALISMO RELIGIOSO

di Andrea Ermano
La questione del rapporto tra socialdemocrazia e religione è balzata in questi giorni agli onori delle cronache in seguito a un breve filmato elettorale del PS dedicato al tema "Gesù, primo socialista della storia". Verrà diffuso domani nelle Tv italiane. Apriti cielo! Il mite partito del mite Boselli è accusato di "scandalo" per presunta "blasfemia".

Ma non si capisce perché. In fondo, se esiste una "dottrina sociale cristiana", lo si dovrà pur ai principii originariamente manifestati nella predicazione dell'Uomo di Nazareth. Nel "Sermone della montagna" emerge per esempio un'idea sostanziale della Giustizia ("Poiché io vi dico che se la vostra giustizia non supera quella degli scribi e dei farisei...", Matteo, 5: 20). E questa concezione della Giustizia costituisce il nucleo più caratteristico del pensiero socialista. Perciò è legittimo parlare di Gesù come del primo socialista della storia, cosa che del resto avviene da un paio di secoli a questa parte.

Vabbe' che nel nostro Paese nulla è più inedito della parola scritta, ma il socialismo religioso non rappresenta esattamente una novità. Basti pensare alla "teologia della liberazione", che però costituisce solo la puntata più recente di una storia ben più lunga. Perché a dichiararsi socialisti non ci sono solo i filosofi di ascendenza marxiana o neo-marxiana. Gli fanno compagnia schiere innumerevoli di rabbini, pastori protestanti, sacerdoti cattolici, intellettuali musulmani ed esponenti di tutte le maggiori religioni del pianeta. Cui andrebbero aggiunti un paio di miliardi di donne e uomini non addottorati in filosofia o teologia, né tutti atei, scettici o agnostici (anche se in questo non ci sarebbe nulla di male, beninteso).

Ma torniamo al tema "socialismo etico e religioso" (sul quale sarebbe bello se Wikipedia offrisse anche in italiano gli articoli disponibili nelle versioni di lingua inglese e tedesca). Questo straordinario movimento di emancipazione culturale e sociale ha trovato la propria espressione programmatica più celebre a Bad Godesberg. Nella città renana la SPD dichiarò in tutta ufficialità che "le radici del socialismo democratico" in Europa si collocano "nell’etica cristiana, nell’umanesimo e nella filosofia classica". L’esplicito riconoscimento del fattore religioso, non meno che di quello filosofico e umanistico, veniva collocato dentro un’impostazione rigorosamente laica. I socialdemocratici di Bad Godesberg ben si guardavano infatti dal «voler annunciare una verità definitiva», e ciò «non per insipienza o indifferenza verso le visioni del mondo o le verità religiose», ma per autentico rispetto di fronte alle scelte di ciascun singolo, «sulle quali né un partito politico né lo Stato hanno di che sindacare». Fin qui il passaggio centrale del celebre Programma della Spd al primo capitolo ("Valori fondanti del socialismo"). Queste parole risalgono all’anno 1959, nel bel mezzo del Novecento, mezzo secolo fa.

Ora, se ciclicamente in Italia, come abbiamo detto, non c’è nulla che ci appaia tanto inedito quanto un qualche testo già stampato, non si sfugge però a una sensazione di ritardo culturale davvero prostrante. E' bizzarro che nel dibattito politico italiano si depredi uno dei nuclei più specifici del patrimonio ideale del socialismo democratico europeo e poi si pretenda anche di utilizzarlo a mo' d'oggetto contundente totale finale contro il mite partito del mite Boselli.