di Andrea Ermano
La questione del rapporto tra socialdemocrazia e religione è balzata in questi giorni agli onori delle cronache in seguito a un breve filmato elettorale del PS dedicato al tema "Gesù, primo socialista della storia". Verrà diffuso domani nelle Tv italiane. Apriti cielo! Il mite partito del mite Boselli è accusato di "scandalo" per presunta "blasfemia".
Ma non si capisce perché. In fondo, se esiste una "dottrina sociale cristiana", lo si dovrà pur ai principii originariamente manifestati nella predicazione dell'Uomo di Nazareth. Nel "Sermone della montagna" emerge per esempio un'idea sostanziale della Giustizia ("Poiché io vi dico che se la vostra giustizia non supera quella degli scribi e dei farisei...", Matteo, 5: 20). E questa concezione della Giustizia costituisce il nucleo più caratteristico del pensiero socialista. Perciò è legittimo parlare di Gesù come del primo socialista della storia, cosa che del resto avviene da un paio di secoli a questa parte.
Vabbe' che nel nostro Paese nulla è più inedito della parola scritta, ma il socialismo religioso non rappresenta esattamente una novità. Basti pensare alla "teologia della liberazione", che però costituisce solo la puntata più recente di una storia ben più lunga. Perché a dichiararsi socialisti non ci sono solo i filosofi di ascendenza marxiana o neo-marxiana. Gli fanno compagnia schiere innumerevoli di rabbini, pastori protestanti, sacerdoti cattolici, intellettuali musulmani ed esponenti di tutte le maggiori religioni del pianeta. Cui andrebbero aggiunti un paio di miliardi di donne e uomini non addottorati in filosofia o teologia, né tutti atei, scettici o agnostici (anche se in questo non ci sarebbe nulla di male, beninteso).
Ma torniamo al tema "socialismo etico e religioso" (sul quale sarebbe bello se Wikipedia offrisse anche in italiano gli articoli disponibili nelle versioni di lingua inglese e tedesca). Questo straordinario movimento di emancipazione culturale e sociale ha trovato la propria espressione programmatica più celebre a Bad Godesberg. Nella città renana la SPD dichiarò in tutta ufficialità che "le radici del socialismo democratico" in Europa si collocano "nell’etica cristiana, nell’umanesimo e nella filosofia classica". L’esplicito riconoscimento del fattore religioso, non meno che di quello filosofico e umanistico, veniva collocato dentro un’impostazione rigorosamente laica. I socialdemocratici di Bad Godesberg ben si guardavano infatti dal «voler annunciare una verità definitiva», e ciò «non per insipienza o indifferenza verso le visioni del mondo o le verità religiose», ma per autentico rispetto di fronte alle scelte di ciascun singolo, «sulle quali né un partito politico né lo Stato hanno di che sindacare». Fin qui il passaggio centrale del celebre Programma della Spd al primo capitolo ("Valori fondanti del socialismo"). Queste parole risalgono all’anno 1959, nel bel mezzo del Novecento, mezzo secolo fa.
Ora, se ciclicamente in Italia, come abbiamo detto, non c’è nulla che ci appaia tanto inedito quanto un qualche testo già stampato, non si sfugge però a una sensazione di ritardo culturale davvero prostrante. E' bizzarro che nel dibattito politico italiano si depredi uno dei nuclei più specifici del patrimonio ideale del socialismo democratico europeo e poi si pretenda anche di utilizzarlo a mo' d'oggetto contundente totale finale contro il mite partito del mite Boselli.
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