di Felice Besostri
Per pura coincidenza Obama e Berlusconi hanno pronunciato nello stesso giorno, il 4 di giugno, due discorsi.
Obama ha parlato in Africa, al Cairo, nella prestigioso centro di studi islamici al-Azhar, nella cui moschea ha sede la massima autorità religiosa sannita, il Grande Imam di al-Azhar.
Berlusconi, invece, ha tenuto il suo discorso elettorale a Milano, nell’ex Palazzo del Ghiaccio di via Piranesi, parlando anche d’Africa.
La lettura dei due discorsi rende plastico l’abisso che separa i due personaggi, malgrado le pretese di Berlusconi di essere un leader di statura (!) mondiale.
Ho potuto ascoltare passaggi del discorso di Obama in lingua originale e mi ha sorpreso come, quando i concetti sono chiari, anche una lingua straniera diventi più comprensibile.
Obama ha la capacità di parlare alla mente ed al cuore: nei rapporti Occidente ed Islam si dirigeva sia agli intellettuali, che conoscono le tesi di Hungtinton sullo scontro di civiltà, che alle persone semplici, anche analfabete. Obama sapeva di non poter parlare soltanto ai governanti dei paesi arabi, moderati od estremisti che siano, ma soprattutto alla pubblica opinione e alle masse arabe.
Le sue parole erano semplici, ma non semplificatrici e la dimostrazione che semplicità e profondità dei concetti si possono coniugare, se dietro ci sono convinzioni ferme, principi saldi, integrità politica ed il senso di avere una missione.
Come italiano e milanese provo, invece, pena alle parole di Berlusconi, che, come dai “comunisti”, è ossessionato dall’Africa. Una settimana fa era la sporcizia a fare di Roma una città africana, ora è la composizione etnica a far diventare africana la città di Milano. In entrambi i casi ”africano” non è un semplice aggettivo che denota una zona geografica, ma un segno di disprezzo, praticamente un insulto: alla faccia della culla dell’umanità!
Berlusconi, a differenza di Obama, parla alla pancia delle persone e vola tanto più basso, quanto più deve fare concorrenza alla Lega. La Lega minaccia il sorpasso del PdL in Lombardia e Veneto: ormai vanno di moda gli alleati competitori, come ha insegnato il PD alleandosi con Di Pietro, invece che con la sinistra riformista.
Nel dibattito politico italiano non è nemmeno entrata l’Europa, perciò non dobbiamo meravigliarci che non entrino questioni planetarie, come quella dei rapporti tra l’Occidente e l’Islam, ovvero continentali come il Medio-Oriente ed il conflitto israelo-palestinese.
Rammarichiamoci, ma non facciamo l’errore di rendere responsabili gli elettori italiani: se non sì capiti, è perché non ci si è fatti capire ovvero non si è credibili.
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