Se "la democrazia è il governo dei poteri visibili" (Ruffini) il problema non è "chi" prende le decisioni, ma "perché".
Particolarmente spinosa è la questione delle nomine agli enti pubblici e nelle istituzioni.
di Felice Besostri
Le nomine discrezionali sia di organi monocratici che collegiali sono un capitolo dove si annida di tutto, da quello che i francesi chiamano traffico di influenza, al familismo, al clientelismo, fino alla corruzione.
Le nomine non hanno bisogno di motivazione e quelle di carattere politico al massimo grado. Il problema riguarda anche le nomine in organi di rilevanza costituzionale, che avvengono in assenza di quel minimo di trasparenza, che è la candidatura entro un termine prefissato.
Per alcune nomine non è neppure noto, cioè pubblico, che vi sia un termine. Faccio degli esempi a caso come i membri del CNEL di competenza del Presidente della Repubblica. La stessa elezione dei componenti del CSM o della Corte Costituzionale di competenza del Parlamento avvengono in assenza di candidature.
Scherzando mi son chiesto che cosa sarebbe successo se un omonimo dell'"eletto" in possesso dei requisiti di legge rivendicasse l'elezione.
Nella tornata che ha eletto Ciampi mi ero divertito a trovare quanti Nicola Mancino, ci fossero: ne trovai quattro, di cui solo uno non aveva i requisiti di età. Carlo Azeglio Ciampi, non aveva concorrenti, bastava scrivere il nome per intero.
La vicenda Bisignani ha messo in luce il lato oscuro delle nomine. Si può rimediare? Penso di sì: basterebbe una legge di un paio di articoli, max. tre. Tuttavia perché inciderebbe sul potere, non sarebbe mai approvata.
Art. 1) nessuna nomina può essere fatta in assenza della previa pubblicazione del termine entro il quale deve essere fatta e del termine entro il quale si deve manifestare la candidatura alla nomina
Art. 2) nessuno può essere nominato se non ha manifestato l'interesse alla nomina
Proprio se si vuol esagerare nella trasparenza si può prevedere
Art. 3) ogni manifestazione d'interesse deve essere accompagnata da un curriculum vitae, da un certificato penale e dei carichi pendenti e dall'indicazione di referenze nel numero minimo di X e massimo di Y persone, che attestino di conoscere personalmente il candidato, che è persona stimabile e competente.
Nella Cina imperiale chi nominava o raccomandava un candidato ad una funzione pubblica rispondeva personalmente e penalmente del suo comportamento. In Arabia Saudita non c'è distinzione tra corrotto e corruttore: decapitazione per entrambi. Tuttavia, le norme severissime hanno spesso l'effetto contrario. Poiché nelle grandi corruzioni il corrotto è di norma un membro della famiglia reale, il tutto si traduce in un'impunità per i corruttori e nessuno osa denunciare di essere stato concusso.
A mio avviso basta il controllo dell'opinione pubblica su chi fornisce attestazioni e referenze. La conoscenza anticipata delle candidature consente un controllo sulle stesse, ma è anche vero che si presta ad azioni delle macchine di fango, ma non si può avere la botte piena e ubriacarsi (il proverbio originale è da evitare in quanto politicamente non corretto). Questa trasparenza costringe a metterci la faccia e di perderla in caso di mancata nomina, ma anche il nominatore si assume la responsabilità di scelta.
Aleksandr Zinoviev, nel suo celebre Cime abissali, mettendo a nudo i meccanismi di funzionamento del socialismo realmente esistente, poneva la seguente questione, di un qualche interesse anche al di là dei confini spazio-temporali dell'URSS: Se il Segretario Generale del Partito deve nominare il Direttore dell'Istituto di Fisica e deve scegliere tra Einstein e Stupidov chi nominerà?
Sceglierà Stupidov, perché Einstein potrebbe pensare di essere stato nominato in forza delle sue competenze e perciò non avrà alcuna riconoscenza verso il Segretario, né gli mostrerà fedeltà incondizionata, a differenza di Stupidov.
La regola di Zinoviev appare di universale applicazione, ma
nulla impedisce che un Comune adotti norme regolamentari nella giusta direzione.
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