lunedì 19 maggio 2008

Cecè

di Andrea Ermano
La pluralità culturale non è solo “civiltà differenti in continenti diversi”, ma appartiene al quartiere in cui abitiamo, alla casa in cui crescono figli e nipoti, alla scuola da loro frequentata.
L'intolleranza, che significa conflitto, rischia perciò di incendiare non solo il mondo (come la storia insegna), ma anche le scuole, le case e i quartieri in cui viviamo con figli e nipoti.

L’intolleranza ama ammantarsi di “valori assoluti” – Dio, Patria, Famiglia – quegli stessi "valori assoluti" ai quali si appellò, nella sua folle corsa, il clerico-fascismo europeo.

E di quell'esecrabile movimento c'è oggi chi osa enfatizzare il carattere "modernizzatore", dimenticando le macellazioni coloniali e il mastodontico macello mondiale, i cinquanta milioni di morti e le persecuzioni razziali, le deportazioni e lo sterminio di ebrei, zingari, omosessuali e dissidenti.
Però, oggi, alte cariche dello stato evocano nuovamente le “radici cristiane” dell'Europa.
E la temperatura del conflitto sale, in un clima sempre più fanatico.
Il mondo va destra? Come negli anni Venti e Trenta? Va verso un’altra guerra? La principale lezione della storia è questa: che gli uomini non ne traggono alcun insegnamento.

Cambierà mai?
Chi lo sa?

Per ora si può solo dire che la destra italiana, giunta al governo, va a Napoli. E che Napoli ha dichiarato guerra ai Rom, vecchi, donne e bambini inclusi.

Eppure, proprio la grande saggezza popolare partenopea ammonisce: "Attento, Cecè, perché in guerra non si tirano i bignè".

Questo, dunque, è monito della Storia, enigmatico, inutile. Esso non riguarda in primo luogo i manipolati manipoli napoletani. Ma chi li manipola sì.

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