Il cinque maggio muore Bonaparte. E nasce Marx. Che qui ricordiamo.
di Felice Besostri
Con il crollo dell’Impero sovietico l’anniversario della nascita di Karl Marx, in quel di Treviri, non è più oggetto di commemorazioni ufficiali.
Ora si celebra Karl in culti privati, come fosse uno dei nostri Penati, a parte alcuni partiti, che inalberando falce e martello, pensano di esserne, per quanto indegni, nel confronto tra la grandezza del personaggio ed il loro consenso elettorale, i legittimi eredi.
Nella sua opera “ Revolutionary Jews from Marx to Trotsky” ( Londra, 1976) Robert S. Wintrich definiva Ferdinand Lassalle era il Gladiatore, Rosa Luxemburg l’Internazionalista e Marx come l’Iconoclasta. Non si può, quindi, ridurlo ad icona da venerare.
Nella Vulgata della fine del XX° secolo Marx, al pari di Dio era morto, ma la ripresa della religione, come ispiratrice dell’agire politico, anche nelle sue forme più totalitarie ed estremiste, do avrebbe essere compensata, se non dalla rinascita di Marx, almeno da quella dei marxisti.
Senza più una patria del socialismo realmente esistente, per quanto degenerato fosse, il marxismo non ha più un suo Pontefice, suprema ed indiscussa autorità di vertice, che ne possa dare una interpretazione dogmatica e per tutti vincolante.
Abbiamo un solo modo per onorare l’anniversario dei 190 anni della nascita: provare ad applicare le sue categorie ed i suoi canoni interpretativi per capire il mondo contemporaneo per cercare di cambiarlo. Siamo tutti consapevoli che in attesa del crollo per ragioni oggettive ed intrinseche del capitalismo si debba prestare maggiore attenzione alla psicologia degli individui e delle masse e prestare più attenzione alle sovrastrutture culturali ed ideologiche alla base dell’agire collettivo e dei comportamenti dei singoli.
Per esempio si sarebbe dovuto precedere un organismo capitalista come la Banca dei Regolamenti internazionali per denunciare e contrastare la diminuzione della percentuale del PIL destinata ai redditi di lavoro, rispetto a profitti e rendite.
Per riprendere la fiaccola del pensiero critico marxiano ( je ne suis pas marxiste ) si deve liberare da una dirigenza, nella quale prevalgono scissionisti di professione e narcisisti, la cui arroganza intellettuale si accompagna all’incultura.
La sfida da vincere è quella della ricomposizione unitaria nel pluralismo.
La lotta sui simboli è ridicola, se si contrappongono falcetti e martellini a rosette e garofanini.
Chiunque prevalga sarebbero, comunque, scomparsi libro e sole dell’avvenire, cioè conoscenza e speranza. Senza di esse non c’è sinistra che tenga e a quel punto sarebbe meglio lasciar riposare Marx nella sua tomba, piuttosto che tradirlo una volta di più.
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