di Felice Besostri
Spero si perdoni la parafrasi, un po’ blasfema della famosa espressione "Etsi Deus non daretur", che riflette l'esigenza di argomentare in ambiti civili prescindendo da considerazioni strettamente teologiche. Non protesterà l’interessato, non schivo dal paragonarsi al Signore o almeno ad un suo Unto.
La sinistra in Italia, anzi tutta l’opposizione, non acquisterà credibilità se non cominciasse a ragionare come se Berlusconi non ci fosse, che non è la stessa cosa di augurarsi che sparisse. Una scomparsa di Berlusconi, non provocata dal fallimento della sua politica, ma da personalissime vicende, non assegnerebbe automaticamente alla opposizione, e nell’opposizione alla sinistra, la leadership.
Due condizioni concomitanti sono necessarie, una definizione dell’identità del PD e la ricostruzione di una sinistra a vocazione maggioritaria, cioè riformista e di governo (di governo non semplicemente al governo, come è stata la disastrosa esperienza dell’ultimo Governo Prodi).
Condizioni concomitanti di non facile realizzazione perché un certo grado di ambiguità è consustanziale al PD per non perdere pezzi e perché il grado di consenso elettorale del PD dipende proprio dalla inesistenza di una sinistra riformista. Tale obiettivo è stato scientemente perseguito dal PD preferendo una coalizione con l’IDV, piuttosto che con una formazione del socialismo europeo.
La nuova sinistra prefigurata dalla formazione Sinistra e Libertà non è esente da contraddizioni, almeno a livello europeo: ben tre erano i gruppi politici di riferimento dal PSE ai Verdi alla GUE.
Il responso elettorale non ha deciso quale dei due progetti di sinistra (SeL e Unità Comunista) avesse la prevalenza: in ogni caso ambedue i risultati sono stati equivalenti a quelli del progetto di Sinistra Arcobaleno, sconfitto nelle politiche del 2008.
Vista la novità del progetto e l’assenza di un simbolo identitario, come la Falce e Martello, il risultato di SeL mostra una possibilità di espansione maggiore, mentre i Comunisti Uniti hanno tracciato il perimetro del loro campo.
Senza il sorprendente risultato dei radicali, il voto laico si sarebbe orientato su SeL: in tal caso il quorum del 4% sarebbe scattato.
Ora il problema è semplice, o i partiti e movimenti che hanno dato vita a SeL si rinchiudono in sé stessi ovvero approfondiscono, senza forzature, le ragioni dello stare insieme.
Non sarà semplice, né tutto è scontato. Nello scenario europeo sotto la spinta del carismatico Daniel Cohn-Bandit i Verdi si profileranno come forza non necessariamente vincolata a sinistra.
In Germania non è escluso che i Gruenen si alleino con CDU/CSU e FDP per formare una maggioranza.
In Francia les Verts e i socialisti sono in concorrenza elettorale.
I Verdi non vogliono nemmeno sentire parlare di socialismo e nella sinistra, anche riformista, sopravvivono vecchi miti produttivisti.
Soltanto ai laburisti australiani nel 2007 è riuscito di vincere le elezioni con un programma fortemente ecologista.
Socialismo Ambiente e Lavoro devono essere le parole d’ordine della nuova formazione da sviluppare in punti programmatici chiari, precisi e fattibili.
Altro aspetto è una proposta globale di uscita dalla crisi: sorprende che la crisi economica e finanziaria non abbia premiato in Europa la sinistra ed i progressisti. In parte è una doppia eredità del passato, sia prossimo, che remoto.
Con le terze vie molti partiti socialisti si sono caratterizzati per l’adesione al pensiero dominante liberismo in economia, riduzione del ruolo dello stato, liberalizzazione e privatizzazione assi portanti dello sviluppo anche a costo, per rispettare i vincoli di bilancio, di sacrificare le conquiste del Welfare.
A sinistra del PSE le formazioni radicali e comuniste avevano ancora una eredità più ingombrante, quella del fallimento del sistema comunista.
La sinistra non può rinunciare ad una critica permanente della società esistente, pena la perdita delle ragioni della sua esistenza. Deve rappresentare anche una scelta di valori alternativi al soddisfacimento di ogni pulsione materiale e ciò per ragioni sia morali, che razionali.
Se avidità ed egoismo dovessero sempre e comunque prevalere sia nei rapporti tra individui che tra nazioni e aree del mondo non uno dei problemi planetari potrebbe essere risolto, a cominciare da quello della compatibilità ambientale dello sviluppo.
Last but not least la sinistra del futuro non dovrebbe essere ossessionata dalla ricerca di un leader carismatico, che grazie alla sua popolarità mediatica compensi ritardi di elaborazione ed insufficienze organizzative.
Si pensi piuttosto ad un modello democratico e partecipato, nel quale i gruppi dirigenti non decidano e controllino i processi, ma si pongano come facilitatori dell’integrazione delle diverse provenienze. Utopia? Certamente, ma il realismo imperante ha portato la sinistra ad essere esclusi dal Parlamento nazionale nel 2008 e da quello europeo nel 2009: basta ed avanza per sollecitare un rinnovamento radicale di gruppi dirigenti e di articolazioni organizzative obsolete.
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